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Lesione cuffia dei rotatori: sintomi, diagnosi e trattamento

Lesione cuffia dei rotatori: sintomi, diagnosi e trattamento

Lesione cuffia dei rotatori: sintomi, diagnosi e trattamento.

LESIONE CUFFIA DEI ROTATORI

La lesione della cuffia dei rotatori è uno dei principali infortuni che interessano la spalla ed una delle principali cause di dolore dell’articolazione.

In questo articolo analizzeremo quali sono le cause che, più comunemente, ne provocano una rottura, quali sono i sintomi che seguono la lesione e come avviene il trattamento riabilitativo.

LA CUFFIA DEI ROTATORI E LA SUA ROTTURA

La cuffia dei rotatori è il complesso muscolo-tendineo che avvolge e protegge la testa omerale (formando una sorta di “cuffia”) e che, oltre a collegare l’omero alla scapola e a concorrere al sollevamento e alla rotazione della spalla nei vari piani dello spazio, contribuisce alla sua stabilità.

Le cause che possono condurre ad una lesione della cuffia dei rotatori, cioè ad una perdita di continuità più o meno estesa dei tendini che la compongono, possono essere di natura acuta o degenerativa.

La rottura può avvenire, infatti, sia in seguito ad un evento traumatico (come, ad esempio, a causa di un movimento errato, di un eccessivo carico o di un impatto, episodi frequenti nei pazienti che praticano sport o che svolgono lavori manuali), sia per via degenerativa, più lentamente, a causa di continui stress dell'articolazione (come continui sollevamenti della spalla verso l’alto, un suo uso eccessivo nell’attività lavorativa o nelle faccende domestiche) o della degenerazione indotta dall’invecchiamento.

Studi recenti hanno evidenziato che anche il sesso del paziente ed eventuali patologie di tipo metabolico ed endocrino rivestono un ruolo importante nella progressione delle lesioni tendinee, tanto che se ne registra una maggior incidenza nelle donne e in chi soffre di malattie tiroidee, diabete e dislipidemie.

SINTOMI DI UNA LESIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI

Quando si verifica una lesione della cuffia dei rotatori, sia essa di natura traumatica o degenerativa, il sintomo principale avvertito dal paziente è il dolore nella regione anteriore della spalla, che rende difficile compiere anche semplici azioni quotidiane e che può irradiarsi lungo tutto il braccio e a livello del bicipite, nel caso in cui si effettuino movimenti che prevedono di alzarlo.

Il dolore è solitamente intenso ed immediato qualora la rottura avvenga in seguito ad un trauma, mentre nelle lesioni di natura degenerativa (le più comuni) la sensazione può essere lieve e presentarsi soprattutto quando si effettuano determinati movimenti (come alzare il braccio sopra la testa), per poi peggiorare nel corso del tempo, fino a presentarsi anche a riposo, di notte e in assenza di movimento.

Al dolore si associano spesso anche debolezza, limitata funzionalità dell’articolazione, indolenzimento nello svolgere le normali attività quotidiane e, talvolta, anchilosi del braccio.

LA DIAGNOSI

In caso di traumi o in presenza di dolore cronico alla spalla, la visita ortopedica e le indagini strumentali sono fondamentali per formulare una diagnosi completa e corretta, con cui stabilire il protocollo di cura più adeguato per il singolo paziente.

La valutazione clinica da parte dell’ortopedico consiste solitamente in un’attenta anamnesi e valutazione del paziente, al fine di individuare la causa del dolore, l’entità della lesione e i tendini coinvolti dalla stessa.

La diagnosi sarà confermata dopo l’esame obiettivo effettuato tramite indagini strumentali, come le radiografie, l’ecografia e, soprattutto, la risonanza magnetica, indispensabile per individuare l’esatta localizzazione della lesione.

Le informazioni fornite dagli esami strumentali serviranno ad impostare la terapia più idonea per il paziente e a valutare la riparabilità della lesione.

APPROCCIO TERAPEUTICO

In presenza di lesioni della cuffia dei rotatori, la guarigione non avviene mai spontaneamente, pertanto affidarsi a degli specialisti è indispensabile tanto per ridurre la sintomatologia dolorosa, quanto per favorire un completo recupero delle funzionalità della spalla.

Il trattamento di cura, che può essere conservativo o chirurgico e deve essere strettamente personalizzato per il singolo paziente, si basa sulla valutazione di diversi fattori, quali l’età, l’attività sportiva e lavorativa, ma soprattutto l’entità (parziale o totale) e la tipologia di rottura.

In linea generale, l’approccio terapeutico conservativo viene privilegiato in caso di lesione parziale, almeno inizialmente, ed è basato prima di tutto sul riposo dell’articolazione, sulla limitazione delle attività che provocano dolore (eventualmente, può essere previsto un tutore semplice che aiuti a ridurre il movimento) e sulla terapia farmacologica, con l’obiettivo di ridurre la sintomatologia dolorosa e l’infiammazione.

Superata la fase acuta, iniziano i trattamenti fisioterapici e di kinesiterapia, volti a:

  • recuperare l’articolarità
  • riequilibrare il bilanciamento articolare
  • allungare e rinforzare progressivamente la muscolatura, soprattutto quelle strutture della cuffia dei rotatori ancora integre che possono stabilizzare l’articolazione e permetterle di funzionare senza dolore.

Agli esercizi di riabilitazione in senso stretto possono associarsi anche terapie strumentali (quali la tecarterapia, la terapia ad ultrasuoni e il laser) ed infiltrazioni per ridurre il dolore, la condizione infiammatoria e favorire la guarigione.

Il trattamento chirurgico viene invece adottato nei casi in cui la terapia conservativa non apporti miglioramento o in pazienti che necessitano di un recupero completo della mobilità e della forza per espletare il proprio lavoro o l’attività sportiva. Con l’approccio conservativo è possibile infatti ridurre la sintomatologia dolorosa e migliorare le funzionalità della spalla, ma non la sua forza.

In questo caso, la prima fase della riabilitazione coincide con la preparazione del paziente all’intervento, un momento fondamentale per migliorare gli esiti chirurgici e il ripristino delle funzionalità lese dopo l’operazione, attraverso esercizi di mobilizzazione articolare e di rinforzo dei muscoli stabilizzatori della scapola, indispensabili per recuperare la massima escursione articolare possibile.

Nel post-intervento, il trattamento riabilitativo varia a seconda della tecnica chirurgica adottata e si articola in più fasi, la cui durata è strettamente correlata al processo di guarigione del paziente e in cui la collaborazione tra questi, medico e fisioterapista risulta fondamentale per un recupero motorio e articolare ottimale.

Nella prima fase (che dura, indicativamente, fino alla 4° - 6° settimana dall’intervento), è importante prevedere un’immobilizzazione del braccio attraverso l’utilizzo di un tutore, così da evitare traumi o movimenti che potrebbero danneggiare i punti di sutura e proteggere la riparazione durante la guarigione dei tessuti. Il tutore dovrà essere indossato sempre, anche di notte, ma sarà possibile toglierlo in alcuni momenti durante la giornata per eseguire gesti semplici e per iniziare gradualmente degli esercizi di mobilizzazione passiva e attiva-assistita, sotto supervisione del fisioterapista, al fine di favorire il recupero dell’elasticità ed evitare la formazione di aderenze cicatriziali.

Durante questa prima fase, l’utilizzo del ghiaccio, la terapia manuale e quella farmacologica si rivelano utili per alleviare il dolore post-operatorio.

Nella seconda fase (7°- 8° settimana), si abbandona gradualmente il tutore e, altrettanto gradualmente, nel rispetto dei tempi e del dolore avvertito dal paziente, la mobilizzazione passiva si trasforma in attiva per favorire il recupero dell’articolarità e raggiungere il completo movimento del braccio su tutti i piani, migliorandone il controllo.

Nella terza fase (a circa due mesi dall’intervento) e comunque raggiunto un movimento vicino al 90% su tutti i piani, iniziano gli esercizi di rinforzo muscolare per un recupero completo e armonico della muscolatura della spalla e possono anche essere introdotti i primi esercizi di abduzione attiva e di destabilizzazione ritmica della spalla e di propriocezione, utili per il recupero funzionale.

In generale, devono trascorrere dalle 10 alle 12 settimane affinché il tendine riparato inizi a fare delle solide radici biologiche nell’osso e consentire al paziente di compiere movimenti più complessi senza il rischio di recidive.

A tre mesi dall’intervento, la cicatrizzazione del tendine è in fase avanzata e l’elasticità della spalla deve essere completa. In questo momento, in cui la rieducazione da parte del fisioterapista ha il suo massimo effetto e si completa il recupero funzionale, iniziano gli esercizi di rinforzo muscolare anche sui tendini operati, aumentando progressivamente i carichi di lavoro.

Nell’ultima fase, è prevista la ripresa funzionale della spalla con le normali attività quotidiane ed esercizi specifici per il recupero del gesto sportivo, limitando comunque il ritorno alle competizioni e alle attività pesanti al 6°/8° mese dopo l’intervento.


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